Obiettivi climatici al 2040: l’UE resta divisa, slitta la decisione

Obiettivi climatici al 2040: l’UE resta divisa, slitta la decisione


Le profonde divergenze tra i governi europei sui piani per la riduzione delle emissioni hanno bloccato l’adozione di una posizione comune dell’Unione Europea. Di conseguenza, Bruxelles non riuscirà a presentare in tempo i nuovi obiettivi climatici all’Assemblea Generale dell’ONU. Questo rinvio rischia di compromettere il ruolo di guida dell’UE sulla scena internazionale, soprattutto in vista della COP30 di novembre in Brasile.

La presidenza danese aveva cercato di raggiungere un compromesso prima del vertice delle Nazioni Unite sul clima, previsto per il 24 settembre a New York. Tuttavia, l’iniziativa si è scontrata con l’opposizione di diversi Stati membri, tra cui l’Italia. Il principale nodo riguarda il traguardo al 2040: la proposta della Commissione europea punta a un taglio del 90% delle emissioni nette di gas serra rispetto ai livelli del 1990. “Non possiamo sostenere un obiettivo così ambizioso, non esistono ancora le tecnologie per realizzarlo”, ha dichiarato il ministro ceco dell’Ambiente, Petr Hladik. Repubblica Ceca, Italia e altri Paesi chiedono inoltre di rivedere alcune misure già approvate, come lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel dal 2035.


Bruxelles senza piano in vista del vertice ONU

Alla vigilia della riunione dell’ONU, molti governi sono pronti a presentare i propri piani aggiornati, mentre l’Unione Europea arriverà al summit ancora senza una posizione condivisa. I ministri dell’Ambiente, riuniti a Bruxelles, non sono riusciti a definire nuovi obiettivi per il 2035 e il 2040. Si lavora ora a una dichiarazione d’intenti che rinvii la discussione al Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo, in programma per il 23 e 24 ottobre. Il rinvio è stato sollecitato in particolare da Germania, Polonia e Francia, impegnate a gestire tensioni politiche interne.


I contenuti della dichiarazione d’intenti

Il documento di compromesso ipotizza due scenari di riduzione delle emissioni al 2035: tra il 66,3% e il 72,5%. Il primo valore corrisponde a una traiettoria lineare verso la neutralità climatica entro il 2050, mentre il secondo si allinea alla proposta della Commissione europea per un taglio del 90% al 2040, come raccomandato anche dal Comitato scientifico europeo sui cambiamenti climatici (ESABCC). Nel frattempo, anche il Parlamento europeo dovrà esprimersi sulla proposta, ma i gruppi politici appaiono ancora molto distanti.

Questo rallentamento si inserisce in un quadro globale complesso, segnato dal ridimensionamento degli impegni ambientali da parte degli Stati Uniti e dalle difficoltà di diversi Paesi nel conciliare le politiche per il clima con le esigenze economiche e geopolitiche.


Perché la discussione è stata rinviata

Chiara di Mambro, direttrice per la Strategia Italia-Europa del think tank ECCO, ha spiegato che “il rinvio rappresenta un rischio, ma anche l’unica scelta praticabile in questa fase per valutare le condizioni in cui gli Stati membri possono attuare i nuovi obiettivi al 2040”. Secondo di Mambro, “è fondamentale arrivare alla COP30 con traguardi che tengano conto delle indicazioni scientifiche e delle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie e dai mercati verdi, così da garantire autonomia e competitività all’Europa”.

A suo avviso, “solo una visione di lungo periodo può assicurare stabilità agli investimenti necessari per l’elettrificazione, l’innovazione industriale e una transizione giusta”. La dirigente sottolinea inoltre che la decisione finale deve spettare ai leader europei, chiamati a definire il livello di ambizione e le flessibilità necessarie per ciascun Paese.

Durante la riunione del 18 settembre, i ministri hanno anche discusso dell’aggiornamento del Contributo Determinato a livello Nazionale (NDC) dell’UE per il 2035, previsto dall’Accordo di Parigi. Un funzionario europeo ha commentato: “Questa dichiarazione d’intenti non è un vero NDC, ma è comunque meglio di un’assenza totale di impegno.”


La posizione dell’Italia

Nel corso del Consiglio Ambiente, il ministro italiano dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha ribadito la necessità di obiettivi realistici: “Non possiamo imporre ai cittadini e alle imprese costi insostenibili. L’Europa deve restare un modello, ma con pragmatismo.”

Pichetto Fratin ha poi evidenziato l’importanza delle “condizioni abilitanti”, ovvero dei criteri che permettono agli Stati membri di accedere ai fondi europei. Ha inoltre ricordato che tutte le tecnologie utili alla riduzione delle emissioni — energie rinnovabili, nucleare, stoccaggio, CCS, geotermia, idroelettrico e biocarburanti sostenibili — devono essere considerate parte della soluzione.

Infine, il ministro ha espresso preoccupazione per l’incertezza legata al settore LULUCF (uso e gestione del suolo e delle foreste), sottolineando che limitare il contributo degli assorbimenti naturali e tecnologici “non ha senso né dal punto di vista politico né scientifico”.


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