Nel 30% del mondo il Pil aumenta e le emissioni si riducono. Eppure non ci siamo

Nel 30% del mondo il Pil aumenta e le emissioni si riducono. Eppure non ci siamo
Il recente studio del Potsdam Institute for Climate Impact pubblicato su PNAS evidenzia una dinamica complessa nella lotta contro il cambiamento climatico. Quasi il 30% delle aree subnazionali (che rappresentano il 44% delle emissioni globali e il 38% del PIL mondiale) sono riuscite a disaccoppiare la crescita economica dall’uso dei combustibili fossili. In altre parole, queste regioni stanno crescendo economicamente mentre riducono le loro emissioni di CO2. Un'altra parte significativa (52%) ha parzialmente disaccoppiato le emissioni dalla crescita economica, con un aumento delle emissioni inferiore a quello del PIL. Solo il 3% delle aree continua a legare strettamente il PIL all’uso di combustibili fossili.
Tuttavia, c'è un aspetto critico da considerare. Nonostante questo progresso, le emissioni globali di CO2 continuano a crescere in termini assoluti, poiché il PIL mondiale è aumentato enormemente negli ultimi decenni. L'efficienza energetica e la maggiore adozione di energie rinnovabili hanno ridotto le emissioni per unità di prodotto, ma la crescita economica globale ha controbilanciato questi sforzi.
Dove si sono fatti progressi?
- Le regioni europee, soprattutto nell'Unione europea, hanno compiuto i maggiori passi avanti verso la decarbonizzazione, grazie a politiche climatiche incisive e investimenti nelle rinnovabili.
- In altre aree del mondo, i progressi sono più irregolari. In Nord America e Asia, le regioni costiere sono più avanzate rispetto a quelle interne. Ci sono poi grandi differenze regionali in paesi come il Sudafrica e il Brasile, dove le disuguaglianze economiche interne ostacolano un progresso uniforme.
Le cattive notizie Nonostante alcuni segnali positivi, lo studio avverte che il progresso attuale non è sufficiente per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, come previsto dagli Accordi di Parigi. Anche le regioni più avanzate, come alcune aree dell’Europa occidentale, potrebbero non riuscire a centrare l’obiettivo entro la metà del secolo. Solo paesi come Inghilterra, Olanda, Danimarca e i paesi scandinavi sembrano in grado di rispettare le scadenze, mentre altre regioni europee potrebbero farcela solo con ritardi significativi.
Al di fuori dell'Europa, molte regioni sono ancora più indietro. Alcuni paesi, come il Brasile, il Canada centrale, la Turchia, l’Egitto meridionale e la Mongolia, rischiano di raggiungere la neutralità carbonica solo intorno al 2200. Ciononostante, parti della Cina e degli USA sembrano poter fare progressi più rapidi rispetto a molte regioni europee entro il 2050.
Delocalizzazione delle emissioni Un altro aspetto critico, sottolineato solo marginalmente nello studio, è che molti dei progressi compiuti dall’UE sono il risultato della delocalizzazione industriale. Negli ultimi decenni, la produzione di molti beni è stata trasferita all’estero, soprattutto in Cina, riducendo apparentemente le emissioni in Europa, ma semplicemente spostandole altrove.
In conclusione, nonostante i progressi compiuti, lo studio ribadisce che l'Europa e il resto del mondo devono fare molto di più per accelerare la decarbonizzazione. Il raggiungimento degli obiettivi climatici richiede sforzi intensificati e una maggiore cooperazione globale per evitare che gli effetti della crisi climatica diventino insormontabili.
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