La Terra avrebbe superato il primo limite climatico irreversibile

La Terra avrebbe superato il primo limite climatico irreversibile


Secondo nuove valutazioni scientifiche, il pianeta avrebbe già oltrepassato un primo punto critico del sistema climatico: le barriere coralline delle zone tropicali sono entrate in una fase di declino considerata ormai quasi impossibile da invertire.

Il Global Tipping Points Report, che analizza i momenti oltre i quali il riscaldamento globale provoca effetti estremi e destabilizzanti sugli ecosistemi, lancia un allarme a poche settimane dalla COP30, prevista per novembre in Brasile, ai margini dell’Amazzonia. Il documento, realizzato da 160 esperti internazionali e guidato dalla University of Exeter e dal Global Systems Institute, rappresenta una vasta indagine sui principali punti di non ritorno climatici. Tra questi figurano: la calotta glaciale groenlandese, quella dell’Antartide occidentale, il sistema di correnti dell’Oceano Atlantico (AMOC), la foresta amazzonica e i permafrost delle regioni artiche.


Il primo punto critico: le barriere coralline tropicali

Gli ecosistemi corallini sono fondamentali per la sopravvivenza di un miliardo di persone e per quasi un milione di specie marine. Gli studiosi avvertono che, senza un contenimento rapidissimo del riscaldamento globale al di sotto di 1,2 °C, questi habitat non riusciranno più a recuperare. A livello globale, infatti, i coralli stanno morendo in massa a causa di episodi sempre più intensi di sbiancamento.

Gli autori del rapporto indicano che, con un aumento della temperatura media di 1,5 °C, la scomparsa quasi totale delle barriere coralline tropicali è ormai data come quasi certa, con una probabilità superiore al 99%.


Gli altri possibili punti di svolta climatici

Oltre alle barriere coralline, il documento segnala che diversi altri sistemi naturali stanno avvicinandosi pericolosamente a soglie irreversibili, tra cui:

·       il deterioramento su vasta scala della foresta amazzonica

·       la possibile interruzione delle principali correnti oceaniche

·       la progressiva perdita delle grandi calotte glaciali

Per quanto riguarda gli oceani, l’analisi invita a intensificare gli sforzi globali di riduzione delle emissioni per limitare il superamento della soglia di 1,5 °C. AMOC e il Vortice Subpolare (SPG), pur avendo punti di collasso diversi, sono strettamente collegati: il cedimento di uno dei due influirebbe sull’altro, provocando conseguenze importanti come:

·       inverni molto più freddi in Europa nord-occidentale

·       alterazioni del monsone dell’Africa occidentale

·       cali significativi nella produzione agricola mondiale

·       trasformazioni profonde negli ecosistemi oceanici


Per l’Amazzonia, l’interazione tra riscaldamento globale e deforestazione sta spingendo la foresta verso una trasformazione ecologica. Con un aumento della temperatura globale compreso tra 1,5 e 2 °C, aree attualmente ricoperte da foresta pluviale rischiano di diventare ecosistemi degradati, riducendo la capacità di regolazione climatica e accelerando la perdita di specie. Questi rischi, inoltre, risultano ancora poco considerati nelle politiche internazionali sul clima.


I “punti di non ritorno” positivi

Il rapporto non si limita agli scenari negativi: introduce anche il concetto di punti di svolta positivi, ossia cambiamenti su larga scala che potrebbero accelerare la transizione verso un’economia a basse emissioni. I settori chiave individuati sono: energia, trasporti, finanza e sistema alimentare.

Tim Lenton, scienziato ambientale e principale autore del rapporto, evidenzia segnali incoraggianti, soprattutto nella graduale uscita dai combustibili fossili. Ad esempio, nei primi sei mesi del 2025, la produzione globale di energia da fonti rinnovabili ha superato per la prima volta quella ottenuta dal carbone, come riportato dal think tank Ember.


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