Autorizzazioni paesaggistiche: meno competenze alle Soprintendenze per gli interventi minori
Autorizzazioni paesaggistiche: meno competenze alle Soprintendenze per gli interventi minori
Approvata dal Senato la revisione del Codice dei Beni Culturali: il testo passa ora alla Camera
Interventi di lieve entità fuori dal controllo delle Soprintendenze
Il 17 settembre 2025 il Senato ha dato il via libera alla riforma del Codice dei beni culturali e del paesaggio, approvata con 83 voti favorevoli e 55 contrari. Il provvedimento, che ora prosegue il suo iter alla Camera, conferisce al Governo un anno di tempo per aggiornare le regole relative alle autorizzazioni paesaggistiche. L’obiettivo è rendere le procedure più snelle, senza però ridurre il livello di tutela dei territori e dei beni culturali.
Una delle modifiche più rilevanti riguarda i piccoli interventi, come quelli già individuati dal DPR 31/2017: ad esempio, la sostituzione di infissi o coperture, l’installazione di impianti tecnologici poco visibili o la realizzazione di pergolati e tettoie leggere. Per queste opere non sarà più necessario il parere della Soprintendenza: la competenza passerà agli enti locali, a patto che i lavori siano coerenti con i piani urbanistici e paesaggistici regionali. È stata invece respinta la proposta di introdurre il silenzio-assenso generalizzato, sostenuta da alcuni partiti, in nome di una semplificazione più radicale.
Le principali novità della riforma
La revisione del Codice mira a garantire tempi certi, una maggiore armonizzazione con la normativa sul procedimento amministrativo e con il Testo Unico dell’Edilizia, oltre a una digitalizzazione più ampia delle pratiche tramite sportelli unici potenziati.
Il parere sulle infrastrutture di interesse nazionale sarà attribuito direttamente al Ministero della Cultura, mentre gli interventi per la messa in sicurezza del territorio – come quelli idrogeologici, sismici o idraulici – e le opere di ripristino dopo calamità naturali seguiranno una procedura semplificata.
Anche il rinnovo di autorizzazioni stagionali o ripetitive dovrà avvenire più rapidamente, senza nuove valutazioni se non sono intervenute modifiche rispetto ai titoli precedenti.
Le critiche e il confronto politico
Il dibattito in Aula è stato acceso. Diversi parlamentari hanno sottolineato la necessità di subordinare le semplificazioni all’effettiva approvazione dei piani paesaggistici regionali, ancora mancanti in molte zone del Paese. Le opposizioni hanno denunciato il rischio di un indebolimento delle tutele e chiesto maggiori garanzie di trasparenza e cooperazione tra Stato e Regioni.
Durante la discussione sono state avanzate anche altre proposte, tra cui una ricatalogazione dei beni culturali secondo il loro grado di interesse, l’esclusione dall’autorizzazione per alcuni interventi di edilizia libera con limitati aumenti volumetrici e misure per incentivare la rigenerazione dei borghi storici.
Le forze di opposizione hanno inoltre chiesto più risorse e personale per le Soprintendenze, mentre la maggioranza ha insistito sulla necessità di ridurre la burocrazia come condizione per favorire la crescita economica.
Implicazioni per professionisti e imprese
Per architetti, ingegneri e tecnici, la riforma potrebbe segnare un cambio di passo. La minore ingerenza delle Soprintendenze negli interventi di lieve entità e la digitalizzazione delle procedure dovrebbero ridurre i tempi di attesa e semplificare le attività progettuali. Tuttavia, la fase di transizione richiederà attenzione, poiché i decreti attuativi dovranno definire nel dettaglio le nuove modalità operative.
Un equilibrio tra tutela e semplificazione
L’intento della riforma è concentrare l’attenzione delle Soprintendenze sugli interventi di maggiore impatto, alleggerendo il peso dei procedimenti per modifiche minori.
Pur restando differenze di vedute tra maggioranza e opposizione, l’obiettivo condiviso è arrivare a un sistema più efficiente, in grado di coniugare valorizzazione del patrimonio culturale e sviluppo sostenibile del territorio.
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